Dizionario dei soprannomi di Reggio Emilia

Il Dizionario dei soprannomi di Reggio Emilia

Paolo Nori


Nell’estate 2019 Hera Comm e Arci di Reggio Emilia hanno promosso un laboratorio di scrittura creativa condotto dallo scrittore PAOLO NORI: “Dizionario dei soprannomi di Reggio Emilia”  a cui hanno partecipato una decina di persone.

I soprannomi , per loro natura, sono sintesi narrative. Contengono storie, tramandano origini, fissano caratteristiche e peculiarità di chi li porta. Diventano tratti identitari e tracciano un’appartenenza che si colloca in un contesto territoriale, culturale, storico il quale, a sua volta, diviene oggetto di narrazione. 

I soprannomi rappresentano un modo di nominare le persone che crea vicinanza, confidenza, condivisione di appartenenza  al territorio sociale e relazionale. E’ un laboratorio dove indagare sarà divertente e la scrittura divertimento oltre che un  esercizio di stile e un’opportunità di espressione e conoscenza.

Alcuni testi prodotti dai partecipanti al laboratorio.

 

 

Lavoratori

C’erano a Montecchio tre “uomini di fatica” meglio noti come <<SOSTA>>, <<SCIOPERO>> e <<SGAGION>>. Si potevano incontrare in qualche cantiere del paese, impegnati sì ma più a chiacchierare che a lavorare davvero. La loro era una filosofia di vita: la fatica è più leggera se lasciata agli altri.

Discorsi colti

Vi era uno che si inseriva in ogni discorso per esprimere il suo punto di vista: ogni volta, infatti, era un’occasione per fare sfoggio di grande cultura ed erudite conoscenze. La gente non sempre comprendeva il significato dei suoi colti discorsi, quantunque pronunciati con piena consapevolezza e proprietà di linguaggio: parole auliche, espressioni difficili e un certo fraseggiare ardito contribuivano a dare l’impressione che fosse un uomo dotato di un grande ingegno: il suo nome per tutti era <<MISPIEGO>>.

Topo e formaggio

Uno lavorava al consorzio del Parmigiano Reggiano. Era stato anche nominato assessore al Parmigiano Reggiano. Lo chiamavano Topo Gigio.

Calcio

Uno era Marcello il re del Mirabello tifoso numero uno della Reggiana.

Paolo Pasquali giocava in una squadra di calcio di amatori e sul suo cartellino del Centro Sportivo avevano  scritto Oaolo, invece di Paolo. Alla partita l' arbitro fece l'appello e chiamò Oaolo Oasquali. Per anni gli amici lo chiamarono Oaolo.

È stato il primo a festeggiare un goal correndo e coprendosi il viso con la maglia. Per la chioma brizzolata già da giovanissimo era chiamato Penna Bianca. È Fabrizio Ravanelli ed è un ex calciatore che nella sua carriera ha vinto tanto, non a Reggio Emilia però. Qui si è fatto compatire per due stagioni.

Uno a giocare a calcio era falloso, scorretto, cattivo. Lo era in partita, ma lo era anche in allenamento, con i compagni di squadra, durante la partitella, e faceva male anche a loro, a volte. Allora l’avevano chiamato Caino.

Uno da ragazzino era magro magro. Giocava in porta nelle squadre giovanili, ed era anche bravino, e quando fece il suo esordio con i grandi, e anche gli adulti, che magari non lo conoscevano, in un torneo della parrocchia, avea stupito tutti per l’agilità con cui guizzava da una parte all’altra della porta, parando tutto. Guizzava come un pesce, allora l’avevano chiamato Sgombro.

Gallerie

C’è un garage appena dopo Migliara piantato proprio in mezzo alla strada e una sera uno, che non andava tanto piano e che non aveva bevuto poco, ha pensato bene di centrarlo con la macchina, e ci è entrato così forte che è passato dall’altra parte! E siccome era il periodo in cui avevano ripreso a scavare la galleria del Bocco allora a quello li l’hanno ribattezzato "ANAS", e dopo gli dicevano che se ci andava lui a forare la galleria del Bocco facevan prima!

Babbo Natale

C’era una  che siccome  aveva messo su un po’ di pancia,  per ridere avevano cominciato a chiamarla Babbo Natale; subito rideva anche lei , dopo  però aveva detto che lo trovava un po’ offensivo … allora poi avevan smesso.

Emancipazione

Prima lo chiamavano “Galeina”(gallina) per via che suo papà lo chiamavano “Galeina”(gallina) . Poi a un certo punto è uscito quel bel film dei guerrieri della notte .Lui ci si era talmente appassionato che quando  entrava in bar con la vocina faceva: “guerrieriiiii” ,tale quale al film. Da lì è diventato il Guerro; si è  emancipato.

Poste

La chiamavano la Numismatica per il formato francobollo delle  sue gonne.

Titoli nobiliari

C’era un fruttivendolo che aveva faticato tutta la vita per tirare avanti e in paese, forse per prenderlo in giro perché era povero, l’avevano soprannominato Al Baroun, il Barone. Anche suo figlio, appena era diventato adulto, avevano cominciato a chiamarlo Al Baroun, come suo padre. Solo che lui, invece di preoccuparsi per i soldi e per l’avvenire, si era sempre goduto la vita come un signore, senza farsi mai mancare niente, tanto lui era nobile.

Guerra

Una signora di Correggio si chiamava Diserma, che sembra un soprannome e invece era il suo nome vero. Suo padre aveva scritto una lettera dal fronte alla moglie, che aspettava un bambino, e le aveva detto che se nasceva una femmina doveva metterle nome Diserma, perché lui non ne poteva più di fare la guerra e voleva che arrivasse il disarmo. Infatti dopo era nata una bambina, era il 1918, e dopo un po’ la guerra era finita.

Varsavia era un uomo che forse era stato in guerra in Polonia, aveva patito il freddo, la fame, la paura, la nostalgia di casa. Poi era riuscito a tornare a casa, non si sa bene come, un po’ in treno e per lunghi tratti a piedi, alla fine anche a cavallo. E forse, nonostante tutto quello che aveva sofferto, o proprio per questo, in ogni discorso riusciva a tirar fuori Varsavia, come se in realtà non fosse tornato del tutto, ma avesse lasciato una parte di sé in mezzo a tutta quella neve, dove si mangiavano le bucce di patate e ci si buttava a terra sotto gli schianti delle bombe. Forse è per questo che lo chiamavano Varsavia, ma nessuno se lo ricorda più.

Teste

All'università, c'era uno che lo chiamavano Malpensa perché  aveva un gran testone, che gli aerei ci potevano atterrare. Era rapato a zero, che con una testa così l'ultima cosa che puoi permetterti è di raparti a zero, e invece lui si rapava a zero. E' famosa quella volta che uno in biblioteca lo guarda e dice: "Veh che incò a gom anca la televisioun". Lo chiamavano anche Telefunken.

Ansia

La donna Tavor era una con problemi di ansia e quando andava dal parrucchiere si addormentava sulla poltrona mentre le tagliavano i capelli.

Politica

C'era un comunista che aveva sposato una democristiana e quando litigavano la chiamava Tambroni, come il presidente del consiglio all'epoca di Scelba, e quando poi facevano pace la chiamava Tambro.

Uno si chiamava Fabio ed era anche una brava persona, intelligente, però era molto rigido e intransigente nelle sue cose, ed erano gli anni della Guerra Fredda e dei regimi totalitari nell'Europa dell'Est, e in particolare in Romania, dove dominava il dittatore Nicolae Ceaușescu. Allora Fabio veniva chiamato Fabiescu.

Vestiti

Quattro stagioni lo chiamavano così  perchè portava la stessa giacca  d'inverno, d'estate, in primavera e autunno.

Uno si vestiva sempre in modo elegante, sempre molto formale, la giacca, la cravatta, gli occhiali con la montatura raffinata, anche quando andava al bar, e allora al bar volevano trovargli un soprannome che descrivesse bene che lui sembrava il manager di qualche compagnia internazionale, e allora qualcuno l’aveva chiamato Amnesty International, senza neanche probabilmente sapere che cosa fosse o di cosa si occupasse, Amnesty International. Allora dopo tutti lo chiamavano Amnesty.

Uno una volta si era presentato al bar con una pelliccia di quelle finte, che ne aveva vista una indosso a Lenny Kravitz, in un concerto o forse in un videoclip, e visto che Lenny Kravitz era considerato un gran figo, lui aveva pensato che anche lui poteva passare per un gran figo indossando la pelliccia finta. Da quella volta era stato chiamato Pliciamata.

Seduttori

Quello che veniva dal ferrarese a rifornirsi nel reggiano con il catenone d’oro al collo e l’aspetto da vitellone romagnolo che millantava conquiste femminili ad ogni pie’ sospinto, lo chiamavano "Il fascino estense".

Leoni

“An’è sa mai” avevano cominciato a chiamarlo così dopo la fuga dei leoni del circo. La storia era iniziata quando alcuni leoni di un circo di passaggio dal paese erano fuggiti dalle gabbie sui vagoni del treno che li trasportava all’altezza di Rubiera e si erano dispersi nelle campagne vicino al centro. Da quel giorno lui aveva preso ad andare in giro armato di fucile. Aveva continuato a farlo per giorni e settimane e mesi e poi per anni, anche dopo la cattura dei leoni, perché veramente “non si sa mai” cosa si poteva incontrare. E se poi c’era ancora qualche leone in giro?? Di cognome faceva Zarotti.

Staffe

Carburo era uno che non perdeva mai le staffe. Al colmo dell’irritazione si limitava ad alzare il sopracciglio e ad arrossire. Forse avrebbero dovuto soprannominarlo Bromuro. Non è da escludere l’errore.

Ex…

Dove?

A Palazzo Dossetti!

Ma dov’è?

Dai, è l’ex Caserma Zucchi…

Ah…

Succede sempre così, almeno per: gli ex Stalloni, l’ex San Lazzaro, il parcheggio ex Caam, le ex Reggiane, l’ex Locatelli, l’ex Polveriera, l’ex Foro Boario, l’ex Stadio Giglio, l’ex Sarsa e  l’ex Gil.

Scuola

Le sue virtù erano insopportabili per il gruppo di diseredati che era la sua classe dell’Istituto Tecnico Industriale Statale Leopoldo Nobili di Reggio Emilia. Sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Super educato con tutti. Mai una volta che non facesse i compiti. Difficile convincerlo a saltare la scuola. Lo chiamavano Fido.

Le Pony

Le chiamavano Le Pony perché non arrivavano al metro e mezzo di altezza con i tacchi (e li portavano altissimi). Erano madre, figlia e zia, e lavoravano in uno dei tre bar del paese; perciò a volte capitava di dire “Andiamo a farci un bianchino dalle Pony”. Quando si arrampicavano dietro al bancone per servire da bere può essere che usassero la scaletta. Prendevano il loro lavoro molto sul serio, non capitava mai di vederle senza trucco o mal vestite, ma spesso esageravano con la scollatura e il mascara. Le poche volte che si arrischiavano fuori dal bar lo facevano sempre insieme e camminavano a braccetto, un po’ per difendersi, un po’ per sostenersi, e forse un po’ per non cadere dai trampoli.

Veleno

Era così buono ma così buono che per chiamarlo gli dicevano Veleno. Piuttosto d’avere a che fare con lui, la gente voltava l’angolo e, se proprio c’era costretta, diceva il minimo indispensabile e tagliava corto. Quando rideva, tirava tutta la bocca in un ghigno, che non si capiva se lo faceva apposta o gli veniva naturale. Sua moglie la chiamavo STELLA (abbreviazione di Povera Stella) e nessuno l’ha mai sentita parlare.

L'anatra

Siccome era sempre pronto ad accodarsi alle compagnie che stavano andando a pranzo o a cena nella speranza di riuscire a scroccare un pasto, l’avevano battezzato La Nèdra.

Discoteca

Uno era sempre all’ingresso di una discoteca, sempre, te potevi passare a qualsiasi ora, dalle 10, fino alle 3 e mezza, e lui era sempre lì, con la sua giacca o il suo spencer bordeaux, che e metà degli anni ‘80 erano di moda, lo spencer e il bordeaux, che salutava con atteggiamento ingessato e i movimenti un po’ rigidi tutti quelli che entravano. Allora l’avevano chiamato Pietramiliare.

Uno faceva il PR in una discoteca e aveva escogitato un trucco per fare figurare di avere fatto entrare più gente di quella che effettivamente aveva portato. Lui si era accorto, infatti, che oltre ai biglietti invito che venivano assegnati a ogni PR, e su cui ogni PR metteva il suo timbrino, la discoteca ne distribuiva altri senza timbrino nei bar o nelle birrerie o nelle gelaterie. Allora lui si metteva alla cassa assieme alla cassiera, e quando arrivava gente con gli inviti senza timbrino, lui zitto zitto, senza farsi notare, metteva il suo timbrino sull’invito. Per un po’ nessuno se n’è accorto, e lui continuava a essere considerato il migliore dei PR, poi però qualcuno ha fatto un po’ di conti e ha notato che se gli avevano assegnato 100 inviti ne erano rientrati 150, se gliene avevano assegnati 200 ne erano rientrati 300, praticamente ogni volta i suoi inviti si erano moltiplicati. Allora l’avevano chiamato Gesù.

Alimentazione

Uno lo chiamavano Nutro perché da bambino suo madre gli faceva sempre mangiare i Nutrilatte Giglio.

Uno per via dell’acne giovanile piuttosto marcata l’avevano chiamato Mandorlato Balocco.