L’innovativo trattamento delle acque reflue

Quello delle acque reflue è da sempre un annoso problema sul quale gli esperti si interrogano in continuazione. A partire da Ellen Swallow-Richards, madre dell’ecologia moderna e pioniera degli studi sul tema, molti studiosi hanno cercato di capire come depurare l’acqua – ad oggi un bene estremamente prezioso - da tutte le sostanze che ad essa sono andate a miscelarsi, per poterla impiegare nuovamente.

Una soluzione ci viene proposta direttamente dal Dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena. Combinando tra loro nanotecnologie e membrane geotessili drenanti pare essere riuscito a dare una soluzione al trattamento delle acque reflue. Scopri in questo articolo il progetto “Nanobond”.

Cosa si intende quando si parla di acque reflue?

Con in termine “acque reflue” o “acque di scarico” si intendono – in chimica ambientale e ingegneria ambientale – tutte quelle acque la cui qualità è stata intaccata dall’azione dell’uomo durante le sue attività domestiche, agricole e industriali. Dopo il consumo per lo svolgimento di queste attività, l’acqua che non è adatta al riutilizzo immediato. Essa è infatti contaminata da diverse sostanze organiche e/o inorganiche, potenzialmente pericolose sia per la salute dell’uomo che per quella dell’ambiente.

Le acque reflue quindi, non possono essere immesse direttamente nell’ambiente, in quanto in quanto ad alto potenziale di inquinamento di terreni, mari, fiumi e laghi, che ne compromette anche in modo permanente, il delicato equilibrio dell’ ecosistema.

Le acque reflue, a seconda della loro provenienza, possono essere:

  • Domestiche: Le acque reflue domestiche provengono da abitazioni private, scuole, uffici e negozi. Portano con sé derivati del metabolismo umano e delle attività domestiche.
  • Industriali: Le acque reflue industriali provengono da edifici o installazioni destinati ad  attività di tipo commerciale o attività produttive. Nonostante possano  essere già state trattate e depurate, rientrano comunque fra le “acque reflue”.
  • Urbane: Le acque reflue urbane sono un miscuglio di acque domestiche, industriali e delle cosiddette acque di ruscellamento (quelle, ad esempio, derivanti dal lavaggio delle strade) nonché acque piovane che vengono convogliate senza distinzione nelle reti fognarie urbane.
  • Industriali assimilabili alle domestiche: Si tratta di acque reflue che, seppur di derivazione industriale, presentano caratteristiche biologiche tali per cui possono essere assimilate alle acque di derivazione domestica.
Rimini: Piazzale Kennedy. Piano di Salvaguardia della Balneazione Ottimizzato (PSBO): l’impianto all’avanguardia della nuova rete fognaria a salvaguardia della balneazione

 

Il progetto Nanobond per il trattamento delle acque reflue

La purificazione e il trattamento delle acque reflue all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità è il cardine del progetto Nanobond: nanomateriali per la bonifica associata a dewatering di matrici ambientali.

Il progetto è cofinanziato dal Fondo Europeo per lo sviluppo regionale Por Fesr 2014-2020 e coordinato dalla Dottoressa Ilaria Corsi, ecologa del dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell'ambiente dell'Università statale di Siena. Esso si propone di utilizzare membrane geotessili drenanti, già ampiamente utilizzate per la rimozione della fase acquosa da dragaggi soggetti a bonifica, in associazione con “nanotecnologie” sostenibili ed ecocompatibili per l’efficace rimozione degli inquinanti nocivi dalle acque e dai sedimenti.

Come funziona questa tecnologia?

Lo spiega l’Università di Siena stessa in un comunicato stampa. La pratica, conosciuta con il nome di nanoremediation, avviene tramite un doppio dragaggio idraulico:

  • un primo dragaggio è di natura meccanica e avviene grazie all’utilizzo dei geotessili;
  • un secondo dragaggio avviene grazie all’utilizzo di materiali nanostrutturati – le nanospugne – create nell’ambito dell’eco-design. Queste nanospugne sono state verificate dal punto di vista ecotossicologico, così che potessero essere utilizzate in tutta sicurezza per operazioni ambientali.

Questo doppio dragaggio – meccanico e nanotecnologico – permette di conseguire risultati ottimi nella decontaminazione delle acque reflue, riuscendo a trattenere i sedimenti che così non vengono dispersi liberamente nell’ambiente ma, se possibile, riutilizzati in base ai loro valori analitici.

Un progetto tutto “green”

Il progetto Nanobond non solo si prodiga per la salvaguardia e il recupero di ambienti compromessi da acque reflue, ma lo fa utilizzando materiali di scarto!

La Dottoressa Corsi ci tiene infatti a sottolineare che tutti i materiali scelti per la creazione delle nanospugne provengono dal settore del recupero degli scarti. Partner del progetto è infatti Bartoli, un’azienda cartiera, la cui carta da macero è uno dei principali componenti delle nanospugne. In questo modo, il risultato della riduzione di impatto sull’ambiente è, in generale, migliore.

Articolo pubblicato il: 19/04/2021